Cecità di José Saramago: recensione
È una giornata qualunque in un posto qualunque, all'improvviso sei cieco, è tutto bianco.
Trama
Questo è solo l'inizio del magnifico romanzo di Josè Saramago, dove la cecità bianca inizia da un uomo ad un semaforo, che pensa sia una malattia passeggera, come tutti del resto, ma così non è. Questo è solo l'inizio prima che tutto il mondo finisca "immerso in un mare di latte ad occhi aperti." Da qui non esiste più compassione, empatia, tutti pensano al proprio bene e al proprio bene soltanto. Il mondo sembra rovesciato: la società è stravolta dal diffondersi della malattia e le sue regole vengono riscritte. Per non contagiare chi ancora ci vede, il governo decide di rinchiudere i ciechi in un vecchio manicomio, ma quando l'epidemia diventa incontrollabile vengono abbandonati a loro stessi.
" Essere un fantasma dev'essere questo, avere la certezza che la vita esiste, perché ce lo dicono quattro sensi, e non poterla vedere."
È qui che l'uomo rivela la sua massima ferocia, il suo vero io, puro egoismo. Tra violenza e atti atroci, troviamo una donna protagonista in grado di ridare speranza ad una società che ha perso tutti i suoi valori. Lei è l'unica che possiede ancora il dono della vista, che nel timore di non rivedere più il marito decide di fingersi cieca e seguirlo nel manicomio, l'unica capace di vedere davvero in cosa si è trasformato il mondo che la circondava; una giungla dove l'unica legge è quella del più forte.
" Che senso hanno le lacrime quando il mondo ha perduto ogni senso"
"Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, ciechi che vedono, ciechi che, pur vedendo, non vedono."
Una non-distopia
"Ancora deve nascere il primo essere umano sprovvisto di quella seconda pelle che chiamiamo egoismo, ben più dura dell'altra, che per qualsiasi cosa sanguina."
La malattia è solo un pretesto per mostrare i meccanismi interni alla società che spesso si nascondono, ma che non spariscono mai. Gli atti più violenti e contro ogni morale a cui si può pensare diventano la normalità in un mondo in cui tutti pensano per sé stessi, dove tutti i legami sono persi e si è tutti contro tutti. Cecità non parla di un ipotetico futuro, ma di qualcosa che già ci riguarda tutti. Non a caso non vengono mai precisati il luogo, il tempo e persino i nomi dei personaggi. Gli stessi protagonisti che seguiamo vengono presentati secondo generiche caratteristiche come: "il medico", "la moglie del medico", "la ragazza dagli occhiali scuri", "il bambino strabico", "il vecchio con la benda". Saramago sembra volerci dire che quella che sta raccontando non è una storia specifica: potrebbe succedere ovunque, a chiunque, in qualsiasi momento.
"è di questa pasta che siamo fatti, metà di indifferenza e metà di cattiveria."
L'angoscia, l'alienazione dei personaggi ci arrivano oggi ancora più autentiche, e riscoprendo un classico come Cecità non possiamo non creare parallelismi con il periodo che stiamo vivendo.
Finché conserveremo la sensibilità e la voglia di aiutare gli altri non ci ridurremo come gli uomini fatti "metà di indifferenza e metà di cattiveria" che descrive nel romanzo. Solo così non perderemo la ragione, la vera vista di cui ha bisogno l'uomo.
La cecità è conosciuta solitamente come un totale buio, mentre Saramago la rappresenta bianca, quindi luminosa, e ciò legato al magnifico significato del libro, rappresenta lo svelamento della vera natura dell'uomo, cattiva e senza scrupoli, la mette in luce. Potrebbe altresì fare in modo che i malati acquistino la capacità di guardare davvero le cose.
Cecità è un romanzo che si fa divorare nonostante il particolare stile di Saramago che esclude nomi, virgolette e la 'classica' punteggiatura. Questo potrebbe portare ad un lettore non abituato alla sua tecnica un po' di difficoltà, ma prometto che ne vale davvero la pena, dopo un po' ci si abitua. Un testo indimenticabile che, paradossalmente, non passa inosservato.
Articolo a cura di Elsi